giovedì, agosto 31, 2006

Essere uno straniero povero e voler affittare un appartamento in Islanda


Se pensiamo alla popolazione dell’Islanda (300.000 abitanti) possiamo dire che c’è una forte immigrazione con il problema della scarsità di offerte di appartamenti in affitto per questi immigranti.


I malvagi in questa storia sono da una parte lo Stato che non assegna le case popolari e dall'altra, ancora più malvagi, i proprietari di appartamenti che sono sempre piuttosto contrari a concedere in locazione immobili a persone "dell’est dell’Europa" o dell’Asia.

Penso che il problema deve essere visto secondo un'altra ottica. E' facile e anche troppo comodo dire "poveri polacchi", a cui questi proprietari negano un tetto; ma il problema, secondo me, non è dei proprietari. Chi investe in immobili, sono persone prudenti, risparmiatori, e per loro la più grande preoccupazione è quella di vedersi diminuire il valore di mercato dell'immobile.

Se per chi non ha soldi, o li ha investiti in borsa, o in Mercedes, o in fondi esteri la questione è trascurabile, per chi ha come seconda entrata i soldi di alcuni affitti è una questione fondamentale.

Ed è colpa dei lavoratori stranieri se l'appartamento perde valore? No, non direttamente. All'affittuario non cambia nulla locare a islandese o straniero.

Ma queste persone "dell’est dell’Europa" o filippini o tailandesi in sè non sono la causa della svalutazione dell'immobile. Chi causa la svalutazione sono gli stessi islandesi che non vogliono più vivere vicino agli stranieri più poveri. L'immobile allora cala di valore. E per quanto non sia giusto voler speculare sulla proprietà, non è nemmeno giusto che a rimetterci siano chi ha appartamenti per investimento.

Ho sentito tante volte dire che certi stranieri cucinino piatti troppo saporiti e puzzosi che impestano le scale. Certi altri sono rumorosi e festaioli. Altri invece litigano spesso. Altri invece fanno venire tanti di quei parenti e vivono in 15 in 40 mq.

Vogliamo non essere ipocriti e cinici? E' tutto vero. Ma non sempre. Non in tutti i casi, ma capita. Sono persone con usi diversi. Persone più povere e quindi disagiate.

Un po' come in Italia con i “terrroni” di una volta, con i loro usi e costumi, le loro fritture, le loro forti cadenze che erano ghettizzati nel nord a seguito dell'immigrazione interna.

In questo modo i pochi islandesi che affittano a immigrati possono speculare mettendo affitti da matti e nascono dei veri e propri ghetti per il semplice fatto che poi nessun islandese va a stabilirsi potendo scegliere.

Allora chi deve farsi carico del problema culturale, delle usanze diverse e del razzismo che fa abbassare il valore di palazzi abitati da stranieri che vengono a fare i lavori che gli islandesi non vogliono più fare?

Dovrebbe essere lo Stato, non è compito del privato, ma è una questione del sistema. Perchè il problema della casa non è solo di chi non parla o parla male l’islandese. Ma riguarda qualunque persona, anche islandese, che sia semplicemente povera. Un uomo con due o tre figli e una moglie che prende in mano 120.000 Corone al mese, pensate che possa permettersi un appartamento di cinque stanze in un paese costoso come l’Islanda?

Quando gli appena arrivati saranno meno poveri (e ci vorranno un paio di generazioni); quando saranno meno problematici, meno “terroni”, cioè più scandinavi, non ci sarà più il problema forse di qualcuno che nega l’affitto sulla base di un pregiudizio razziale. Ma nel frattempo?

La situazione è difficile. Io non ho idea di come risolverla. Ma è giusto che ci siano pari diritti per tutti.

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